Lavori di pubblica utilità, reddito di cittadinanza: di cosa bisognerà occuparsi per 8 ore a settimana – Secur Italia – Sicurezza Sul Lavoro
Per beneficiare del reddito di cittadinanza bisogna effettuare – per un massimo di 8 ore a settimana – dei lavori di pubblica utilità, o meglio dei lavori socialmente utili; ecco alcuni esempi delle attività che bisognerà svolgere.
I beneficiari del reddito di cittadinanza – “in coerenza con il profilo professionale” – sono tenuti ad offrire la propria disponibilità per la “partecipazione a progetti a titolarità dei Comuni, utili alla collettività, in ambito culturale, sociale, artistico, ambientale, formativo e di tutela dei beni comuni”.
È l’articolo 4 – 15° comma – del decreto 4/2019 a stabilirlo, aggiungendo quindi un altro obbligo che i beneficiari del reddito di cittadinanza sono chiamati a rispettare se non vogliono perdere il diritto al beneficio.
Per continuare a beneficiare del sostegno economico riconosciuto a titolo di reddito di cittadinanza, quindi, coloro che siglano il Patto per il Lavoro o per l’Inclusione Sociale hanno il dovere di svolgere lavori di pubblica utilità.
Quest’obbligo, però, sarà operativo solamente una volta che il Comune di residenza avrà pubblicato un decreto con il quale vengono predisposte le procedure amministrative utili per l’istituzione di questi progetti, i quali poi dovranno essere comunicati in un’apposita sezione presente sul sito ufficiale del reddito di cittadinanza. Decreto che ogni Comune dovrà pubblicare entro i 6 mesi dell’entrata in vigore della normativa sul reddito di cittadinanza.
L’obbligo varrà per tutti coloro che hanno il dovere di sottoscrivere il Patto per il Lavoro; quindi i maggiorenni, i non occupati e coloro che non frequentano alcun corso di studi. Per gli altri soggetti la partecipazione ai progetti di pubblica utilità è facoltativa.
Per quanto riguarda il monte ore spesso si fa confusione visto che si ritiene che in ogni caso l’interessato debba svolgere queste mansioni per almeno 8 ore alla settimana. Ebbene, non è così: nel decreto 4/2019, infatti, si legge che il beneficiario del reddito di cittadinanza deve mettere a disposizione un numero di ore compatibile con le altre attività da lui svolte che in ogni caso “non può essere superiore ad 8 ore”.
Otto è il numero massimo – e non standard – di ore per le quali si può essere impiegati in queste attività; in caso di partecipazione a corsi di formazione, o anche ad attività per la ricerca di una nuova occupazione, quindi, è molto probabile che il numero di ore da dedicare ai lavori di pubblica utilità siano inferiori.
Sarà proprio con queste ore lavorative gratuite di pubblica utilità, infatti, che il beneficiario “ripagherà” l’investimento che lo Stato fa concedendogli il reddito di cittadinanza; allo stesso tempo, ricordiamo, questo dovrà comunque impegnarsi nel formarsi partecipando a dei corsi finalizzati al conseguimento di una qualifica professionale e ad accettare una delle prime tre proposte di lavoro che gli verranno presentate dal centro per l’impiego.
A tal proposito è interessante capire quali sono i lavori socialmente utili per cui il beneficiario del reddito di cittadinanza dovrà offrire – in maniera del tutto gratuita – la sua disponibilità. Vediamo quali potrebbero essere le attività che – in accordo con il sindaco del Comune di residenza – si potrebbe essere chiamati a svolgere.
I lavori di pubblica utilità
Gli LPU sono quelle prestazioni non retribuite a favore della collettività che solitamente si svolgono presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o anche per organizzazioni di assistenza sociale o volontariato. Nel caso del reddito di cittadinanza sembra che l’attività verrà svolta esclusivamente presso l’ente comunale, visto che il lavoro da effettuare verrà deciso in accordo dal Sindaco.
Per fare alcuni esempi di lavori di pubblica utilità possiamo fare riferimento a quanto stabilito dal decreto ministeriale pubblicato dal Ministero della Giustizia in data 26 marzo 2001; dovete sapere, infatti, che il concetto di lavoro di pubblica utilità è stato introdotto al fine di essere considerato a tutti gli effetti come una sanzione penale sostitutiva.
Quando si parla di lavori di pubblica utilità, quindi, si fa riferimento a quel modo alternativo di scontare una condanna penale, attraverso un’attività riparativa e restitutiva.
Nel suddetto decreto ministeriale si legge che la prestazione di lavoro di pubblica utilità è quella svolta, ad esempio, in favore dei seguenti soggetti:
- persone affette da HIV;
- portatori di handicap;
- malati;
- anziani;
- minori;
- ex detenuti;
- extracomunitari.
Possono essere considerati dei lavori di pubblica utilità, anche quelli svolti nel settore de:
- la Protezione Civile;
- tutela del patrimonio pubblico o ambientale;
- altre attività pertinenti alla specifica professionalità della persona.
I lavori socialmente utili
Come abbiamo appena visto il termine “lavoratori di pubblica utilità” – LPU – si riferisce perlopiù ad una sanzione penale sostitutiva. Nel caso del reddito di cittadinanza, quindi, ci sembra più corretto parlare di lavori socialmente utili – LSU – ossia la partecipazione ad iniziative di pubblica utilità al quale si dedicano, limitatamente nel tempo, i soggetti svantaggiati nel mercato del lavoro.
Oggi i lavoratori che si dedicano ai lavori socialmente utili l’Inps riconosce un assegno mensile, cosa che invece non avverrà per i percettori del reddito di cittadinanza visto che questi già ricevono l’assegno per il sostegno del reddito.
Per lavori socialmente utili si intendono quindi tutte quelle attività che hanno come oggetto la realizzazione di opere e la fornitura di servizi di utilità collettiva. Nel dettaglio, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 468/1997, nella categoria dei lavori socialmente utili – nella quale rientrano anche gli LPU – troviamo quelle svolte all’interno dei seguenti settori:
- cura della persona;
- ambiente;
- territorio;
- sviluppo rurale;
- montano;
- acquacoltura;
- riqualificazione degli spazi urbani.
Per capire meglio vediamo alcuni esempi di lavori socialmente utili. Oltre ai sopracitati assistenza all’infanzia, agli anziani, ai portatori di handicap e recupero di tossicodipendenti e di persone detenute, troviamo anche:
- raccolta differenziata e gestione di discariche e di impianti per il trattamento di rifiuti solidi urbani;
- tutela delle aree protette e dei parchi naturali;
- miglioramento della rete idrica;
- realizzazione delle opere necessarie allo sviluppo e alla modernizzazione dell’agricoltura (anche nelle zone di montagna);
- conservazione e riqualificazione di aree urbane, quartieri e centri minori;
- recupero e valorizzazione del patrimonio culturale;
- miglioramento delle condizioni per lo sviluppo del turismo.
Come potete vedere ci sono molti esempi di lavori socialmente utili e di pubblica utilità; molto dipenderà quindi dalle esigenze del vostro territorio e dalle necessità del Comune di appartenenza.
Concludiamo ricordando che il Consiglio di Stato, con la sentenza 3664/2007 ha chiarito che le caratteristiche dei lavori socialmente utili non ne “consentono la qualificazione come rapporto di impiego”. Questo perché il “rapporto dei lavoratori socialmente utili trae origine da motivi assistenziali e riguarda un impegno lavorativo certamente precario”.
Fonte: https://www.money.it/