Mascherine: quali usare, quando e quando no. Facciamo chiarezza

Sull’uso delle mascherine anti Coronavirus regna il caos. Ecco quali modelli esistono, dalle ormai famose FFP2 e FFP3 alle altre, e quando davvero è necessario usarle, e come

 

Iniziamo col dire che il Coronavirus non resta sospeso nell’aria, ma si posa invece sulle superfici. Per questo le quattro regole fondamentali, per tutti, sono: mantenere la distanza dagli altri di almeno un metrolavarsi spesso le mani, evitare di toccarsi naso, bocca e occhi e usare guanti monouso in lattice tutte le volte che entriamo in contatto con superfici toccate da molte altre persone, come pulsantiere in ascensore, maniglie, corrimano, bancomat, scaffali dei supermercati, carrelli, ecc. Tentare di proteggersi con la sciarpa o con mascherine fai da te di tessuto non tessuto o di altro materiale (come la carta forno) non garantisce adeguata sicurezza.

I diversi modelli di mascherine: FFP2, FFP3 e le altre

Ci sono diversi tipi di mascherine, che garantiscono vari gradi di protezione. Le semplici mascherine utilizzate in alcuni settori a scopo igienico, come nell’industria alimentare o nella ristorazione, che si trovano in giro a pochi centesimi, non sono pensate per proteggere le vie respiratorie di chi le indossa. Non c’è quindi garanzia di protezione da infezioni.

Le mascherine chirurgiche invece sono dispositivi di protezione individuale pensati proprio per ridurre i rischi di infezione tra i sanitari. Ce ne sono di diversi tipi, con grado crescente di protezione a seconda del numero di strati filtranti. Sono utili perché proteggono da schizzi e secrezioni grossolane, ma non è detto proteggano dalle goccioline di una persona contagiata. Devono comunque essere sostituite dopo qualche ora perché inumidendosi diventano meno efficaci.

Ci sono poi le maschere dotate di filtri, chiamate respiratori con filtranti facciali: queste sono l’unico dispositivo in grado di dare una certa protezione anche dai virus. L’efficacia filtrante viene indicata con sigle FF da P1 a P3. Le FFP2 e FFP3, che hanno un’efficacia filtrante rispettivamente del 92% e del 98%, sono le più indicate per la protezione da Covid-19. L’inconveniente però è che dopo qualche ora il filtro si esaurisce e devono essere sostituite.

Quando è necessario usare le mascherine

Detto questo, le mascherine, insieme alle altre misure di protezione, devono necessariamente essere utilizzate in contesti in cui c’è un’elevata circolazione del Coronavirus, in cui si presume che molte persone siano infette. Per questo nascono come protezione individuale in contesto sanitario, dove sono fondamentali quando indossate dai pazienti portatori di un’infezione e dagli operatori che se ne occupano.

In questo caso, infatti, non si possono mantenere le distanze necessarie tra chi è infetto e chi non lo è e il rischio che l’ormai famoso “droplet” avvenga, e cioè che le goccioline della saliva si diffondano contagiando chi sta vicino, è molto alto. Quindi, tutti coloro che lavorano o per qualche motivo frequentano gli ospedali e le strutture sanitarie le devono assolutamente mettere. Per estensione, il loro utilizzo viene sempre fortemente consigliato anche a chi si prende cura di un malato infetto anche in un contesto familiare. Sia il malato sia chi se ne prende cura dovrebbero indossarle.

Fondamentale utilizzarle anche quando non si può evitare di stare molto vicini ad altre persone, come per esempio in ascensore. Chi è accanto a noi potrebbe essere asintomatico e però infetto, quindi sì alle mascherine, anche se l’ideale anche qui sarebbe evitare di prendere l’ascensore con altre persone.

Quando non serve indossarle

Invece, in un contesto di bassa circolazione del virus, l’uso di mascherine da parte della popolazione sana non è indicata. Quindi, per fare esempi concreti, è ininfluente quando si cammina all’aperto, quando si è da soli, quando si entra in un negozio o si prende un autobus e si mantiene la distanza necessaria con le altre persone, e comunque in tutti i casi in cui la distanza tra le persone è tale da garantire una ragionevole sicurezza, stabilita dagli esperti in circa un metro.

Inoltre, dobbiamo sottolineare che a volte mettere le mascherine significa aumentare il rischio anziché diminuirlo. Come abbiamo visto, non tutte proteggono allo stesso modo, e bisogna sapere esattamente come indossarle e smaltirle nel modo corretto per non rischiare di fare peggio.

Come indossarle e smaltirle, per non fare peggio

Se non vengono indossate e usate correttamente, possono essere a loro volta veicolo di trasmissione del virus, in particolare se ci si continua a toccare il volto con le mani per sistemarle o riutilizzarle.

Per indossarle nel modo corretto bisogna prima lavarsi le mani con acqua e sapone o strofinarle con una soluzione alcolica; poi metterle prendendole dall’elastico, evitando di toccarle. Devono coprire naso e bocca. Quando diventano umide, vanno sostituite con una nuova e non riutilizzate. Per toglierle vale la stessa regola: vanno prese dall’elastico ripiegandole su se stesse ed evitando di toccare la parte anteriore con le mani. Una volta buttata – rigorosamente nell’indifferenziata – è necessario lavarsi nuovamente le mani.

Inoltre, indossarle in contesti dove non è necessario ci può dare un falso senso di rassicurazione e farci abbassare la guardia sulle altre misure, come il mantenimento della distanza dagli altri di almeno un metro o il lavaggio delle mani.

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Coronavirus, tutta l’Italia è zona rossa. Ecco come cambia la nostra vita – Secur Italia

“Tutta Italia sarà zona protetta”. Non più zona rossa, verde o gialla. Tutti gli spostamenti sono vietati se non per comprovate necessità (che lo ricordiamo riguardano gli spostamenti di lavoro, le situazioni di estrema necessità e i motivi di salute), in tutta Italia come fino a oggi in Lombardia e nelle 14 province. Lo ha annunciato il premier Conte in una conferenza stampa a Palazzo Chigi.

COSA CAMBIA

Evitare gli spostamenti
Evitare gli spostamenti sia in entrata che in uscita dai territori, nonché all’interno degli stessi, alle persone si chiede di spostarsi solo per esigenze lavorative; situazioni di necessità; e motivi di salute. E’ consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza.

Salute e rispetto della quarantena
Alle persone con sintomatologia da infezione respiratoria e febbre maggiore di 37,5 gradi è fortemente raccomandato di rimanere al proprio domicilio e di limitare al massimo i contatti sociali, contattando il proprio medico curante. Per le persone sottoposte alla misura della quarantena o risultati positivi al virus, è fatto divieto assoluto di uscire dalla propria abitazione o domicilio.

Sospesi nidi, scuole e Università
Sono sospesi i servizi educativi per l’infanzia, le attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado, nonché della frequenza delle attività scolastiche e di formazione superiore, comprese le Università e le Istituzioni di Alta Formazione Artistica Musicale e Coreutica, di corsi  professionali, master, corsi per le professioni sanitarie e università per anziani, nonché i  corsi professionali e le attività formative svolte da altri enti pubblici, anche territoriali e  locali e da soggetti privati. Resta la possibilità di svolgimento di attività formative a distanza ad esclusione dei corsi per i medici in formazione specialistica e dei corsi di formazione specifica in medicina generale, nonché delle attività dei tirocinanti delle professioni sanitarie.

Sospese manifestazioni organizzate, cinema, teatri, sale bingo, discoteche
E’ sospesa ogni attività nei seguenti luoghi: cinema, teatri, pub, scuole di ballo, sale giochi, sale scommesse e sale bingo, discoteche e locali assimilati. Sono sospese tutte le manifestazioni organizzate, nonché gli eventi in luogo pubblico o privato, compresi quelli di carattere culturale, ludico, sportivo, religioso e fieristico, anche se svolti in luoghi chiusi ma aperti al pubblico, come, ad esempio, i grandi eventi.

Chiusi musei e biblioteche
Sono chiusi i musei, le biblioteche e gli archivi, le aree e i parchi archeologici e i complessi monumentali.

Ristoranti e bar aperti dalle 6 alle 18, un metro fra le persone
Sono consentite le attività di ristorazione e bar dalle 6 alle ore 18, con obbligo, a carico del gestore, di predisporre le condizioni per garantire la possibilità del rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro. In caso di violazione, la sanzione prevista è la sospensione dell’attività. Sono consentite le attività commerciali diverse da ristorazione e bar a condizione che il gestore garantisca un accesso con modalità contingentate o comunque idonee a evitare assembramenti di persone, tenuto conto delle dimensioni e delle caratteristiche dei locali aperti al pubblico, e tali da garantire ai frequentatori la possibilità di rispettare la distanza di almeno un metro tra i visitatori. In caso di violazione, la sanzione prevista è la sospensione dell’attività. In presenza di condizioni strutturali o organizzative che non consentano il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di un metro, tali attività dovranno essere chiuse.

Chiusura medie e gradi strutture di vendita nei festivi e prefestivi (eccetto farmacie, para farmacie e punti vendita generi alimentari) 
Nelle giornate festive e prefestive sono chiuse le medie e grandi strutture di vendita, nonché gli esercizi commerciali presenti all’interno dei centri commerciali e dei mercati. Nei giorni feriali, il gestore deve comunque predisporre le condizioni per garantire la possibilità del rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di un metro. La sanzione prevista per il mancato rispetto è la sospensione dell’attività.
In presenza di condizioni strutturali o organizzative che non consentano il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di un metro, tali strutture dovranno essere chiuse. La chiusura non è disposta per farmacie, parafarmacie e punti vendita di generi alimentari, il cui gestore è comunque sempre chiamato a garantire il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di un metro, pena la sospensione dell’attività in caso di violazione.

Sospese palestre, piscina, centri sportivi
Sono sospese le attività di palestre, centri sportivi, piscine, centri natatori, centri benessere, centri termali (fatta eccezione per l’erogazione delle prestazioni rientranti nei livelli essenziali di assistenza), centri culturali, centri sociali, centri ricreativi. Queste attività, alle quali si aggiungono i centri diurni, vengono sospese anche nelle altre province, sulla base dell’ordinanza del presidente Bonaccini.

Luoghi di culto. Sospese le cerimonie funebri
L’apertura è condizionata all’adozione di misure organizzative tali da evitare assembramenti di persone, tenendo conto delle dimensioni e delle caratteristiche dei luoghi, e tali da garantire ai frequentatori la possibilità di rispettare la distanza tra loro di almeno un metro.
Sono sospese le cerimonie civili e religiose, comprese quelle funebri.

Competizioni ed eventi sportivi
Sono sospesi gli eventi e le competizioni sportive di ogni ordine e disciplina, in luoghi pubblici o privati. Resta consentito il loro svolgimento, nonché delle sedute di allenamento degli atleti professionisti e atleti di categoria assoluta che partecipano ai giochi olimpici o a manifestazioni nazionali o internazionali, all’interno di impianti sportivi utilizzati a porte chiuse, oppure all’aperto senza la presenza di pubblico. In ogni caso, le associazioni e le società sportive, attraverso il proprio personale medico, sono tenute ad effettuare i controlli idonei a contenere il rischio di diffusione del virus COVID-19 tra gli atleti, i tecnici, i dirigenti e tutti gli accompagnatori che vi partecipano. Chiusi gli impianti nei comprensori sciistici.

Ricorso a ferie e congedo
Ai datori di lavoro pubblici e privati è raccomandato di promuovere la fruizione da parte dei lavoratori dipendenti dei periodi di congedo ordinario e di ferie, fermo restando quanto previsto dalle norme per l’applicazione del lavoro agile.

Sospesi i concorsi
Sono sospese le procedure concorsuali pubbliche e private ad esclusione dei casi in cui la valutazione dei candidati è effettuata esclusivamente su basi curriculari o in modalità telematica. Sono esclusi dalla sospensione i concorsi per il personale sanitario, gli esami di Stato e di abilitazione all’esercizio della professione di medico chirurgo e quelli per il personale della protezione civile, che devono svolgersi preferibilmente con modalità a distanza o, in caso contrario, garantendo la distanza di sicurezza interpersonale di un metro.

Congedi sospesi
Sono sospesi quelli ordinari del personale sanitario e tecnico, nonché del personale le cui attività siano necessarie a gestire le attività richieste dalle unità di crisi costituite a livello regionale.

Sospesi esami di guida
Sono sospesi gli esami di idoneità alla patente da espletarsi negli uffici periferici della Motorizzazione civile. Con apposito provvedimento dirigenziale è disposta la proroga a favore dei candidati che non hanno potuto sostenere le prove d’esame in ragione di tale sospensione.

Fonte: https://www.ilcaffe.tv/

 

Rischio coronavirus a lavoro – Facciamo chiarezza

Cosa sono i Coronavirus?

I coronavirus sono virus a RNA che, nell’essere umano, causano per lo più infezioni respiratorie lievi e limitate alle vie aeree superiori (tratto naso-faringeo, seni paranasali e gola), e solo in rare circostanze infezioni respiratorie gravi ed estese alle vie aeree inferiori (bronchi e polmoni).
Assieme ai rhinovirus, ai virus influenzali e ai virus parainfluenzali, i coronavirus rientrano tra i principali agenti scatenanti il raffreddore.

 

Come si trasmettono i Coronavirus?

La trasmissione dei coronavirus nella popolazione umana (cioè tra persona e persona) avviene principalmente in due modi:

  • Attraverso l’inalazione delle goccioline volatili emesse dagli individui contagiati dal virus, quando parlano, starnutiscono, tossiscono o respirano.
    Questa modalità di trasmissione è la più comune e quella che causa il maggior numero di infezioni.
  • Attraverso il contatto fisico con mani, superfici, cibi od oggetti contaminati.
    Per esempio, può risultare determinante: toccare pulsanti, telefoni, maniglie o servizi igienici oppure condividere stoviglie, posate ecc.

 

Come si manifestano i Coronavirus?

Nella maggior parte dei casi, le infezioni da coronavirus inducono i sintomi classici osservati in occasione delle più comuni infezioni alle vie respiratorie, ossia:

  • Naso chiuso e naso che cola;
  • Tosse;
  • Mal di gola;
  • Febbre tra i 38°C e i 39°C;
  • Infiammazione delle mucose nasali, della gola e dei bronchi;
  • Cefalea;
  • Perdita di appetito;
  • Senso di malessere generale.

 

Coronavirus sicurezza sul lavoro: cosa fare?

Ricordiamo che obbligo del datore di lavoro è valutare tutti i rischi per la salute e sicurezza sul lavoro, anche quelli derivanti da eventi occasionali, come ad esempio quello relativo al contagio del Coronavirus. Vediamo alcune buone regole:

  • Igiene del personale e del luogo di lavoro, con limitazione della contrazione di lavoratori in spazi ristretti
  • Vietare categoricamente le trasferte di lavoro in zone esposte all’epidemia, incentivando forme di lavoro come lo smart working. 
  • Mettere a dissezione gel batterici e aumentare la pulizia degli spazi comuni

 

I lavoratori devono indossare una maschera?

Anche sull’uso dei DPI si sta creando moltissima confusione. Vale sempre la pena ricordare che la maschera più indicata per proteggersi dai virus non è quella antipolvere (che lascerebbe passare il virus), ma quelle di classe FFP2 e FFP3. Far indossare la maschera a tutti i lavoratori in uno stabilimento sarebbe inutile, costoso ed avrebbe poco senso.

  • Le maschere FFP3 vanno indossate in maniera impeccabile (la presenza di barba e baffi determinerebbero un non perfetto adattamento ai contorni del viso)
  • L’uso corretto prevede il lavaggio delle mani prima e dopo la rimozione di un respiratore
  • Lo stati,ento dovrebbe avvenire in maniera precisa e rigorosa
  • Le mascherine vanno utilizzate principalmente dai soggetti infetti, che con i loro starnuti e saliva potrebbero infettare i soggetti sani
  • Le regole di protezione valgono principalmente per i soggetti sanitari che sono potenzialmente a rischio dato il grande numero di persone con cui entrano in contatto

Cosa possono e devono fare i lavoratori?

Rispettare le regole aziendali permette già di evitare il rischio coronavirs sicurezza sul lavoro, ovviamente le buone prassi dovranno anche comprendere:

  • Lavaggio frequente della mani
  • Coprire naso e bocca con un fazzoletto quando si tossisce o starnutisce
  • Evitare contatti tra le mani e occhi, naso o bocca

Per maggiori informazioni

Coronavirus, come si trasmette e come prevenire il contagio. Ecco cosa sapere:

Il nuovo coronavirus (Sars-CoV-2) responsabile dell’epidemia di infezione polmonare in Cina e ora giunto anche in Italia è stato isolato lo scorso 7 gennaio: la sua “azione” di contagio avviene in larga misura attraverso contatti ravvicinati con un soggetto infetto, ma alcune misure possono aiutare a prevenirne la trasmissione.

Covid-19 è il nome dato alla malattia causata dal nuovo virus. Ecco un vademecum con i consigli dell’Istituto nazionale di malattie infettive Spallanzani, ministero della Salute e Istituto superiore sanità.

Il periodo di incubazione
Finora gli esperti hanno sempre indicato un periodo di incubazione, cioè quello che passa dall’infezione al manifestarsi dei primi sintomi, di 7-14 giorni.

 

Come proteggersi

Il Sars-CoV-2, come altri coronavirus, si trasmette attraverso le goccioline del respiro della persona infetta, che possono essere trasmesse con la tosse o gli starnuti, oppure tramite contatto diretto personale, oppure toccandosi la bocca, il naso o gli occhi con mani contaminate.

Per questo motivo, è importante evitare uno stretto contatto con le persone che hanno febbre, tossiscono o hanno altri sintomi respiratori.

In termini pratici, è raccomandabile mantenersi ad una distanza di almeno un metro da persone che tossiscono, starnutiscono o hanno la febbre, e lavarsi frequentemente le mani con sapone o con una soluzione alcolica.  Coprire bocca e naso se si starnutisce o si tossisce e non prendere farmaci antivirali né antibiotici, a meno che siano prescritti dal medico.

Si consiglia anche di pulire le superfici con disinfettanti a base di cloro o alcol e di usare la mascherina solo se si sospetta di essere malati o si assistono persone malate.

I prodotti Made in China e i pacchi ricevuti dalla Cina non sono pericolosi. Va contattato il Numero Verde 1500 del ministero della Salute se si ha febbre o tosse e si è tornati dalla Cina da meno di 14 giorni.

Gli animali da compagnia NON diffondono il nuovo coronavirus.

 

La mortalità
Questo virus può causare sintomi lievi, simil-influenzali, ma anche malattie gravi. Al momento il tasso di mortalità complessiva sarebbe di circa il 2,3% ;

 

Cosa fare se si pensa di aver contratto il virus

Perché vi sia un caso sospetto di coronavirus il paziente deve presentare sintomi di tosse e/o mal di gola e/o difficoltà respiratorie; e inoltre, nei 14 giorni precedenti all’insorgere dei sintomi, deve aver effettuato almeno una di queste attività: aver avuto contatti ravvicinati con un caso confermato o probabile COVID-19;

aver viaggiato in aree dove vi sia la trasmissione del virus;

aver visitato o aver lavorato in ambienti sanitari nei quali erano curati pazienti affetti da COVID-19. Se un paziente dovesse rientrare in tali condizioni, deve: contattare il numero telefonico gratuito del Ministero della Salute 1500; indossare una mascherina chirurgica se entra in contatto con altre persone; utilizzare fazzoletti usa e getta e lavarsi le mani regolarmente.

 

I sintomi del Covid-19 e come si cura

I sintomi sono di tipo respiratorio: febbre, tosse, raffreddore, mal di gola, affaticamento polmonare.

Al momento non ci sono terapie specifiche: la malattia si cura come i casi di influenza. Nei casi più gravi ai pazienti viene praticato il supporto meccanico alla respirazione.

Sulla base dei dati disponibili, l’Oms ha suggerito una terapia antivirale sperimentale, correntemente utilizzata anche allo Spallanzani, basata su due farmaci: il lopinavir/ritonavir, un antivirale utilizzato per la infezione da HIV e che mostra attività antivirale anche sui coronavirus, ed il remdesivir, un antivirale già utilizzato per la malattia da Virus Ebola.

Non esiste un vaccino contro il Sars-Cov-2.

L’isolamento
L’ordinanza emanata dal ministro della Salute Roberto Speranza, prevede l’obbligo di quarantena “fiduciaria” domiciliare per chi torna da un viaggio in Cina negli ultimi 14 giorni e “sorveglianza attiva” per chi è stato nelle aree a rischio, cioè nel paese asiatico, con obbligo di segnalazione alle autorità sanitarie locali al proprio rientro in Italia.
Per maggiori informazioni contattare il numero telefonico gratuito del Ministero della Salute 1500

La figura del medico competente in azienda – Secur Italia Sicurezza sul lavoro

Il Medico Competente

 

La figura del medico competente, all’interno del panorama legislativo in materia di sicurezza, e all’interno del Servizio di Prevenzione e Protezione aziendale, gioca un ruolo fondamentale affinché il servizio stesso risulti efficace e funzionale.

 

Elabora in collaborazione con il datore di lavoro il Documento di valutazione dei Rischi, lo rivede periodicamente apportando suggerimenti e migliorie, effettua un sopralluogo agli ambienti di lavoro e partecipa in maniera proattiva alla riunione periodica sulla sicurezza indetta ai sensi dell’ art. 35 del D.Lgs 81/08 una volta all’anno.

 

L’obbligo della sorveglianza sanitaria, in Italia, vige per le aziende la cui classificazione di rischio esponga i lavoratori ad una tipologia di rischio soggetta a controlli medici periodici, ne sono un esempio le aziende che abbiamo un rischio di tipo biologico, chimico o da esposizione a Videoterminale. Per queste aziende, indipendentemente dal numero di lavoratori presenti, il datore di Lavoro designa un medico, che abbia una specializzazione in medicina del lavoro, per l’elaborazione e l’attuazione di uno specifico protocollo di sorveglianza sanitaria. Il protocollo di sorveglianza viene quindi condiviso con il Servizio di Prevenzione e Protezione, ed è definito sulle specifiche mansioni dei lavoratori interessati.
La periodicità minima dei controlli è definita dal D.Lgs 81/08, ma è il medico Competente che in virtù della esperienza professionale e dei rischi specifici, stabilisce il contenuto della sorveglianza e valuta se applicare una periodicità più stringente; la visita medica va infatti eseguita, oltre che in base alle periodicità definita dal Medico, ogni qualvolta il lavoratore ne faccia richiesta, se ritenuta dal medico correlata all’esposizione specifica lavorativa, ad ogni cambio di mansione che esponga i lavoratore a rischi differenti, alla cessazione del rapporto di lavoro e in fase preassuntiva.

Tutti i dati delle indagini mediche e anamnestici, vengono registrati dal Medico in apposita cartella sanitaria, conservata a salvaguardia dei segreto professionale a cura del medico stesso, e che segue il lavoratore attraverso la sua carriera professionale.

Dall’esito della sorveglianza sanitaria ne deriva un giudizio di idoneità o inidoneità (anche con limitazioni o prescrizioni), per la mansione specifica; questo giudizio indipendentemente dalle cause che ne hanno generato la diagnosi, è l’unico dato personale sanitario che viene trasmesso all’azienda.

 

In definitiva, oggi il medico competente diviene in molti casi un consulente al fianco del lavoratore, ricoprendo un ruolo di supporto anche dal punto di visa psicologico e sociale; l’introduzione di nuovi rischi, quali per esempio il lavoro Stress Correlato, e di nuove modalità di approccio al lavoro all’interno di situazioni e contesti in cui l’integrazione del lavoratore svolge un ruolo fondamentale per il benessere stesso dell’individuo, pongono il Medico Competente a dover allacciare spesso rapporti molto personali con il lavoratore, al quale devono essere sempre, per esempio, illustrati e spigati gli esiti della sorveglianza.

 

Con la 81/08 la figura del Medico Competente si carica di significati e responsabilità non ancora del tutto definite e definibile, ma che si evolvono gradualmente e parallelamente allo sviluppo delle realtà lavorative italiane.

Fonte: https://www.anfos.it/

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Lavori di pubblica utilità, reddito di cittadinanza: di cosa bisognerà occuparsi per 8 ore a settimana – Secur Italia – Sicurezza Sul Lavoro

Per beneficiare del reddito di cittadinanza bisogna effettuare – per un massimo di 8 ore a settimana – dei lavori di pubblica utilità, o meglio dei lavori socialmente utili; ecco alcuni esempi delle attività che bisognerà svolgere.

 Lavori di pubblica utilità, reddito di cittadinanza: di cosa bisognerà occuparsi per 8 ore a settimana

I beneficiari del reddito di cittadinanza – “in coerenza con il profilo professionale” – sono tenuti ad offrire la propria disponibilità per la “partecipazione a progetti a titolarità dei Comuni, utili alla collettività, in ambito culturale, sociale, artistico, ambientale, formativo e di tutela dei beni comuni”.

 

È l’articolo 4 – 15° comma – del decreto 4/2019 a stabilirlo, aggiungendo quindi un altro obbligo che i beneficiari del reddito di cittadinanza sono chiamati a rispettare se non vogliono perdere il diritto al beneficio.

Per continuare a beneficiare del sostegno economico riconosciuto a titolo di reddito di cittadinanza, quindi, coloro che siglano il Patto per il Lavoro o per l’Inclusione Sociale hanno il dovere di svolgere lavori di pubblica utilità.

 

Quest’obbligo, però, sarà operativo solamente una volta che il Comune di residenza avrà pubblicato un decreto con il quale vengono predisposte le procedure amministrative utili per l’istituzione di questi progetti, i quali poi dovranno essere comunicati in un’apposita sezione presente sul sito ufficiale del reddito di cittadinanza. Decreto che ogni Comune dovrà pubblicare entro i 6 mesi dell’entrata in vigore della normativa sul reddito di cittadinanza.

 

L’obbligo varrà per tutti coloro che hanno il dovere di sottoscrivere il Patto per il Lavoro; quindi i maggiorenni, i non occupati e coloro che non frequentano alcun corso di studi. Per gli altri soggetti la partecipazione ai progetti di pubblica utilità è facoltativa.

 

Per quanto riguarda il monte ore spesso si fa confusione visto che si ritiene che in ogni caso l’interessato debba svolgere queste mansioni per almeno 8 ore alla settimana. Ebbene, non è così: nel decreto 4/2019, infatti, si legge che il beneficiario del reddito di cittadinanza deve mettere a disposizione un numero di ore compatibile con le altre attività da lui svolte che in ogni caso “non può essere superiore ad 8 ore”.

Otto è il numero massimo – e non standard – di ore per le quali si può essere impiegati in queste attività; in caso di partecipazione a corsi di formazione, o anche ad attività per la ricerca di una nuova occupazione, quindi, è molto probabile che il numero di ore da dedicare ai lavori di pubblica utilità siano inferiori.

Sarà proprio con queste ore lavorative gratuite di pubblica utilità, infatti, che il beneficiario “ripagherà” l’investimento che lo Stato fa concedendogli il reddito di cittadinanza; allo stesso tempo, ricordiamo, questo dovrà comunque impegnarsi nel formarsi partecipando a dei corsi finalizzati al conseguimento di una qualifica professionale e ad accettare una delle prime tre proposte di lavoro che gli verranno presentate dal centro per l’impiego.

A tal proposito è interessante capire quali sono i lavori socialmente utili per cui il beneficiario del reddito di cittadinanza dovrà offrire – in maniera del tutto gratuita – la sua disponibilità. Vediamo quali potrebbero essere le attività che – in accordo con il sindaco del Comune di residenza – si potrebbe essere chiamati a svolgere.

 

 

I lavori di pubblica utilità

Gli LPU sono quelle prestazioni non retribuite a favore della collettività che solitamente si svolgono presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o anche per organizzazioni di assistenza sociale o volontariato. Nel caso del reddito di cittadinanza sembra che l’attività verrà svolta esclusivamente presso l’ente comunale, visto che il lavoro da effettuare verrà deciso in accordo dal Sindaco.

Per fare alcuni esempi di lavori di pubblica utilità possiamo fare riferimento a quanto stabilito dal decreto ministeriale pubblicato dal Ministero della Giustizia in data 26 marzo 2001; dovete sapere, infatti, che il concetto di lavoro di pubblica utilità è stato introdotto al fine di essere considerato a tutti gli effetti come una sanzione penale sostitutiva.

Quando si parla di lavori di pubblica utilità, quindi, si fa riferimento a quel modo alternativo di scontare una condanna penale, attraverso un’attività riparativa e restitutiva.

Nel suddetto decreto ministeriale si legge che la prestazione di lavoro di pubblica utilità è quella svolta, ad esempio, in favore dei seguenti soggetti:

  • persone affette da HIV;
  • portatori di handicap;
  • malati;
  • anziani;
  • minori;
  • ex detenuti;
  • extracomunitari.

Possono essere considerati dei lavori di pubblica utilità, anche quelli svolti nel settore de:

  • la Protezione Civile;
  • tutela del patrimonio pubblico o ambientale;
  • altre attività pertinenti alla specifica professionalità della persona.

 

I lavori socialmente utili

Come abbiamo appena visto il termine “lavoratori di pubblica utilità” – LPU – si riferisce perlopiù ad una sanzione penale sostitutiva. Nel caso del reddito di cittadinanza, quindi, ci sembra più corretto parlare di lavori socialmente utili – LSU – ossia la partecipazione ad iniziative di pubblica utilità al quale si dedicano, limitatamente nel tempo, i soggetti svantaggiati nel mercato del lavoro.

Oggi i lavoratori che si dedicano ai lavori socialmente utili l’Inps riconosce un assegno mensile, cosa che invece non avverrà per i percettori del reddito di cittadinanza visto che questi già ricevono l’assegno per il sostegno del reddito.

Per lavori socialmente utili si intendono quindi tutte quelle attività che hanno come oggetto la realizzazione di opere e la fornitura di servizi di utilità collettiva. Nel dettaglio, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 468/1997, nella categoria dei lavori socialmente utili – nella quale rientrano anche gli LPU – troviamo quelle svolte all’interno dei seguenti settori:

  • cura della persona;
  • ambiente;
  • territorio;
  • sviluppo rurale;
  • montano;
  • acquacoltura;
  • riqualificazione degli spazi urbani.

Per capire meglio vediamo alcuni esempi di lavori socialmente utili. Oltre ai sopracitati assistenza all’infanzia, agli anziani, ai portatori di handicap e recupero di tossicodipendenti e di persone detenute, troviamo anche:

  • raccolta differenziata e gestione di discariche e di impianti per il trattamento di rifiuti solidi urbani;
  • tutela delle aree protette e dei parchi naturali;
  • miglioramento della rete idrica;
  • realizzazione delle opere necessarie allo sviluppo e alla modernizzazione dell’agricoltura (anche nelle zone di montagna);
  • conservazione e riqualificazione di aree urbane, quartieri e centri minori;
  • recupero e valorizzazione del patrimonio culturale;
  • miglioramento delle condizioni per lo sviluppo del turismo.

Come potete vedere ci sono molti esempi di lavori socialmente utili e di pubblica utilità; molto dipenderà quindi dalle esigenze del vostro territorio e dalle necessità del Comune di appartenenza.

Concludiamo ricordando che il Consiglio di Stato, con la sentenza 3664/2007 ha chiarito che le caratteristiche dei lavori socialmente utili non ne “consentono la qualificazione come rapporto di impiego”. Questo perché il “rapporto dei lavoratori socialmente utili trae origine da motivi assistenziali e riguarda un impegno lavorativo certamente precario”.

 

Fonte: https://www.money.it/

L’amianto sui luoghi di lavoro- Secur Italia – Sicurezza sul Lavoro

L’amianto è una sostanza chimica fibrosa utilizzata fino agli inizi degli anni novanta per realizzare diverse strutture. Le caratteristiche di pericolosità dell’amianto non erano note fino a poco tempo fa e sono legate proprio alla struttura della sostanza in fibre, che deteriorandosi si disperdono nell’aria e possono provocare, se inalate, alterazioni a livello dell’apparato respiratorio e polmonare anche gravi ed a distanza di molto tempo dall’esposizione.

Le caratteristiche fisiche rendevano questa sostanza duttile e molto utilizzata per le sue proprietà di isolamento termico, acustico ed antincendio; la presenza dell’asbesto era molto diffusa nelle coperture edili, negli isolanti termici o nei presidi antincendio.

Una volta riconosciute le sue caratteristiche di pericolosità si è provveduto, con la legge 257 del 27 Marzo 1992, a vietarne l’utilizzo, l’importazione e la commercializzazione.

Di fatto tuttavia la sola presenza di amianto in se non rappresenta una fonte di pericolo, poiché la nocività è legata allo sfaldamento dei materiali dovuto a deterioramento per assenza di manutenzione o danneggiamento; contrariamente a quanto generalmente si creda, la legge del 1992 ha imposto il divieto di fabbricare nuovi prodotti in amianto, ma non sussiste nessun obbligo di rimozione dei prodotti preesistenti, sebbene la presenza dei materiali contenenti amianto debba essere censita e segnalata alle autorità competenti (ASL), in modo che se ne possa verificare l’integrità e di conseguenza la salubrità degli ambienti circostanti.

La valutazione del rischio amianto nei luoghi di lavoro, è definita nell’art 249 del D.Lgs 81/08 in cui viene esplicitamente ricordato l’obbligo del datore di lavoro di effettuare la valutazione dei rischi.

A tal fine il datore di lavoro ha l’obbligo, nell’impossibilità di procedere all’eliminazione del materiale pericoloso, di informare i lavoratori rispetto alla presenza del pericolo, di far effettuare una certificazione dello stato di integrità dell’amianto e di procedere comunque a monitoraggi ambientali e biologici per valutare la presenza di fibre di amianto nell’aria e nell’organismo dei lavoratori.

 

Una volta definito il grado di integrità e la relazione tra gli indici misurati ed i corrispondenti valori limite soglia, il datore di lavoro, in collaborazione con il Medico Competente, elabora un opportuno piano di campionamento e di sorveglianza sanitaria, per monitorare nel tempo i livelli di amianto presenti. I risultati periodici dei campionamenti devono essere quindi riportati nel Documento di Valutazione dei Rischi, e se si registra un incremento significativo e costante dei livelli nel tempo, segnalati alla ASL di competenza, anche se si resta al di sotto dei valori limite soglia.

 

È importante ricordare che lo smaltimento dell’amianto deve e può essere eseguito soltanto da personale qualificato e da imprese autorizzate che abbiano requisiti e strumenti per la rimozione in sicurezza; la rimozione sconsiderata dell’asbesto, seguita all’entrata in vigore del D.Lgs 257/92, svolta da personale inesperto, non adeguatamente protetto e non al corrente del rischio da esposizione, ha in molti casi in passato generato problemi ben più significativi di quelli che sarebbero forse derivati evitando di movimentarlo.

Fonte: https://www.anfos.it/

Per maggiori informazioni

Nell’era dei Safety Coach,il riconoscimento migliore è la stima e il ringraziamento dei presenti che nonostante la stanchezza di una giornata a bordo nave si sono riuniti per ascoltare il mio messaggio di prevenzione.

Nell’era dei Safety Coach,il riconoscimento migliore è la stima e il ringraziamento dei presenti che nonostante la stanchezza di una giornata a bordo nave si sono riuniti per ascoltare il mio messaggio di prevenzione.

Presso: Fincantieri – Cantieri Navali Italiani Stabilimento di Venezia-Marghera

Telecamere sul posto di lavoro

Filmati di videosorveglianza: possono essere usati per licenziare un dipendente?

Si può licenziare un dipendente scoperto dal filmato di una telecamera piazzata a sua insaputa vicino alla sua scrivania? Se la registrazione viene portata in processo e il giudice la vede, la prova acquisita in violazione della privacy può essere usata? Alcune di queste domande sono tipiche negli ambienti di lavoro. Questo perché buona parte degli illeciti commessi in azienda viene ormai scoperta e documentata attraverso strumenti elettronici (email, accessi a internet, social media, localizzazioni, telecamere, sistemi gestionali e di comunicazione interna).

Ecco che allora chiedersi se le telecamere di videosorveglianza possono essere usate per licenziare un dipendente equivale anche a domandarsi entro che limiti il datore di lavoro può usare tali sistemi. In altri termini, sono legali le telecamere sul posto di lavoro?

Telecamere sul posto di lavoro: quando sono legittime

Il datore di lavoro può installare le telecamere sul posto di lavoro. Non può farlo se agisce con lo scopo di verificare la prestazione lavorativa dei dipendenti ossia per controllare se questi lavorano e come lo fanno. Egli deve essere mosso unicamente dall’intento di tutelare l’azienda da possibili pericoli o malintenzionati oppure per esigenze organizzative e produttive (cosiddetto controlli difensivi). 

Ad esempio sarebbe illegittimo l’impiego di sistemi di videosorveglianza piazzati vicino alla macchina del caffè per verificare quanto tempo i lavoratori vi sostano o in corrispondenza delle porte di uscita per accertarsi di eventuali fughe durante l’orario di lavoro o della durata della pausa sigaretta. Invece è legittima la telecamera in un ufficio postale, in un supermercato o in una banca per dissuadere i ladri, così come è legittima in una stanza ove è presente un macchinario pericoloso da tenere sotto costante controllo.

A quali condizioni si può installare una telecamera sul posto di lavoro?

Abbiamo appena detto che l’installazione della videosorveglianza sul posto di lavoro è ammessa solo se impiegata per:

  • esigenze organizzative e produttive:  si pensi alla necessità di riprendere un macchinario per verificare che questo funzioni correttamente e finisca un ciclo di produzione per iniziarne un altro; oppure a una telecamera posta sull’uscio del negozio per vedere se entrano clienti e riceverli;
  • tutela della sicurezza del lavoro: si pensi a una telecamera in un ufficio postale o in una banca per dissuadere i ladri dalla tentazione di fare una rapina;
  • tutela del patrimonio aziendale: si pensi a una telecamera posta nei vari reparti del supermercato per evitare che qualche cliente – o qualche dipendente stesso – prelevi della merce senza pagarla.

Tuttavia, prima che ciò possa avvenire è necessario: 

  • la comunicazione preventiva alle RSU o alle RSA; con queste il datore di lavoro deve trovare un accordo sui luoghi e modalità di installazione di tali impianti. Se ciò non dovesse essere possibile, l’imprenditore dovrà ottenere l’autorizzazione della Direzione Territoriale del lavoro.  Se gli impianti sono istallati per motivi di “sicurezza sul lavoro” l’istanza deve essere corredata dagli estratti del DVR dai quali risulta che l’istallazione degli strumenti di controllo a distanza è misura necessaria ed adeguata per ridurre i rischi di salute e sicurezza cui sono esposti i lavoratori;
  • la preventiva informazione ai lavoratori con un cartello ben esposto sui luoghi di lavoro. Infatti, anche se autorizzata dai sindacati, è illegittima la videosorveglianza installata all’insaputa dei dipendenti . 

 

Non è finita qua. Il datore di lavoro deve inoltre:

  • nominare un incaricato della gestione dei dati registrati dall’impianto di videosorveglianza in modo da tutelare la privacy di coloro che vengono ripresi;
  • conservare le immagini raccolte solo per un massimo di 24 ore dalla rilevazione (salvo speciali esigenze).

Il fatto che il datore di lavoro abbia fatto firmare ai dipendenti un foglio in cui questi, prendendo atto della presenza delle telecamere, ne autorizzano l’impiego non lo esonera dal chiedere le autorizzazioni ai sindacati o alla direzione del lavoro. Diversamente i filmati non possono essere utilizzati.

La violazione della legge sulla privacy si verifica anche quando: 

  • le telecamere sul lavoro sono solo installate ma non ancora funzionanti;
  • è stato dato preavviso ai lavoratori ma non è stato ancora acquisito il consenso dei sindacati;
  • il controllo è discontinuo perché esercitato in locali dove i lavoratori possono trovarsi solo saltuariamente.

La violazione si configura anche nel caso di telecamere finte montate a scopo esclusivamente dissuasivo.

Che succede se le telecamere sono installate senza rispetto delle procedure?

Dalla violazione delle regole sull’uso delle telecamere sul posto di lavoro derivano due importanti conseguenze.

Filmati inutilizzabili

I filmati registrati dal datore di lavoro senza il rispetto delle condizioni e delle procedure appena descritte non sono prove: quindi sono inutilizzabili contro il lavoratore in un eventuale processo. Ad esempio, non hanno valore di prova i fotogrammi ottenuti con una telecamera a circuito chiuso – installata in violazione della disciplina sui controlli a distanza – che ritrae un lavoratore mentre sottrae denaro dalla cassa. 

La conseguenza è che se il datore fonda il licenziamento del dipendente infedele sulle registrazioni di una telecamera installata in modo irregolare, il licenziamento è illegittimo in quanto non supportato da prove e il dipendente ha diritto alla reintegra sul posto.

Reato per violazione della privacy

Non solo. Il datore di lavoro che installa delle telecamere senza il rispetto delle regole appena elencate commette anche reato di violazione del divieto di controlli a distanza sui lavoratori. Ciò in quanto la tutela penale è diretta a salvaguardare interessi collettivi di cui le rappresentanze sindacali sono per legge portatrici, in luogo dei lavoratori che, a causa della posizione di svantaggio nella quale versano rispetto al datore di lavoro, potrebbero rendere un consenso viziato. Tale comportamento, inoltre, integra la fattispecie della condotta antisindacale.

Secondo la Cassazione, può essere denunciato dai propri dipendenti, per violazione della privacy, l’imprenditore che nasconde una telecamera in un ufficio per spiare ciò che fa il lavoratore, anche se lo fa per evitare che questi rubi. È vero infatti che l’uso della videosorveglianza è possibile nel caso di «controlli difensivi» (e, quindi, per evitare che un dipendente possa commettere reati all’interno dell’azienda), ma solo se l’uso dell’impianto non lede la dignità del lavoratore (tale sarebbe, ad esempio, una telecamera montata nel bagno o puntata solo su un unico dipendente, allo scopo di controllarne ogni minimo spostamento 8 ore al giorno). Dall’altro lato non si può installare la telecamera-spia con l’intento difensivo se non ci sono validi sospetti del reato del dipendente. La telecamera-spia in funzione “preventiva”, ossia volta a saggiare la fedeltà del dipendente, è illegale.

Inoltre il filmato della telecamera-spia deve essere usato solo per rilevare l’eventuale reato e non per contestare altre condotte, come ad esempio una pausa sigaretta troppo lunga.  

Fonte:https://www.laleggepertutti.it/

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La Legge Regione Campania n.13 del 08/07/2019 ha imposto l’obbligo di misura del gas Radon in tutte le attività aperte al pubblico a piano terra e seminterrato / interrato. Fanno eccezione solo i locali residenziali ed i vani tecnici per impianti. La misura annuale doveva iniziare entro il 16/10/2019. I risultati vanno inviati al Comune/ARPAC entro il 16/01/2021

In caso di mancato invio si sospende l’Agibilità dei locali. Senza agibilità, oltre ad una possibile chiusura, non è possibile effettuare affitti, vendite, subentri, volture, etc. La Legge impone una misura di durata annuale, per cui in caso di non esecuzione, il locale sarà interdetto per almeno 1 anno, per le misurazioni.

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