Telecamere sul posto di lavoro

Filmati di videosorveglianza: possono essere usati per licenziare un dipendente?

Si può licenziare un dipendente scoperto dal filmato di una telecamera piazzata a sua insaputa vicino alla sua scrivania? Se la registrazione viene portata in processo e il giudice la vede, la prova acquisita in violazione della privacy può essere usata? Alcune di queste domande sono tipiche negli ambienti di lavoro. Questo perché buona parte degli illeciti commessi in azienda viene ormai scoperta e documentata attraverso strumenti elettronici (email, accessi a internet, social media, localizzazioni, telecamere, sistemi gestionali e di comunicazione interna).

Ecco che allora chiedersi se le telecamere di videosorveglianza possono essere usate per licenziare un dipendente equivale anche a domandarsi entro che limiti il datore di lavoro può usare tali sistemi. In altri termini, sono legali le telecamere sul posto di lavoro?

Telecamere sul posto di lavoro: quando sono legittime

Il datore di lavoro può installare le telecamere sul posto di lavoro. Non può farlo se agisce con lo scopo di verificare la prestazione lavorativa dei dipendenti ossia per controllare se questi lavorano e come lo fanno. Egli deve essere mosso unicamente dall’intento di tutelare l’azienda da possibili pericoli o malintenzionati oppure per esigenze organizzative e produttive (cosiddetto controlli difensivi). 

Ad esempio sarebbe illegittimo l’impiego di sistemi di videosorveglianza piazzati vicino alla macchina del caffè per verificare quanto tempo i lavoratori vi sostano o in corrispondenza delle porte di uscita per accertarsi di eventuali fughe durante l’orario di lavoro o della durata della pausa sigaretta. Invece è legittima la telecamera in un ufficio postale, in un supermercato o in una banca per dissuadere i ladri, così come è legittima in una stanza ove è presente un macchinario pericoloso da tenere sotto costante controllo.

A quali condizioni si può installare una telecamera sul posto di lavoro?

Abbiamo appena detto che l’installazione della videosorveglianza sul posto di lavoro è ammessa solo se impiegata per:

  • esigenze organizzative e produttive:  si pensi alla necessità di riprendere un macchinario per verificare che questo funzioni correttamente e finisca un ciclo di produzione per iniziarne un altro; oppure a una telecamera posta sull’uscio del negozio per vedere se entrano clienti e riceverli;
  • tutela della sicurezza del lavoro: si pensi a una telecamera in un ufficio postale o in una banca per dissuadere i ladri dalla tentazione di fare una rapina;
  • tutela del patrimonio aziendale: si pensi a una telecamera posta nei vari reparti del supermercato per evitare che qualche cliente – o qualche dipendente stesso – prelevi della merce senza pagarla.

Tuttavia, prima che ciò possa avvenire è necessario: 

  • la comunicazione preventiva alle RSU o alle RSA; con queste il datore di lavoro deve trovare un accordo sui luoghi e modalità di installazione di tali impianti. Se ciò non dovesse essere possibile, l’imprenditore dovrà ottenere l’autorizzazione della Direzione Territoriale del lavoro.  Se gli impianti sono istallati per motivi di “sicurezza sul lavoro” l’istanza deve essere corredata dagli estratti del DVR dai quali risulta che l’istallazione degli strumenti di controllo a distanza è misura necessaria ed adeguata per ridurre i rischi di salute e sicurezza cui sono esposti i lavoratori;
  • la preventiva informazione ai lavoratori con un cartello ben esposto sui luoghi di lavoro. Infatti, anche se autorizzata dai sindacati, è illegittima la videosorveglianza installata all’insaputa dei dipendenti . 

 

Non è finita qua. Il datore di lavoro deve inoltre:

  • nominare un incaricato della gestione dei dati registrati dall’impianto di videosorveglianza in modo da tutelare la privacy di coloro che vengono ripresi;
  • conservare le immagini raccolte solo per un massimo di 24 ore dalla rilevazione (salvo speciali esigenze).

Il fatto che il datore di lavoro abbia fatto firmare ai dipendenti un foglio in cui questi, prendendo atto della presenza delle telecamere, ne autorizzano l’impiego non lo esonera dal chiedere le autorizzazioni ai sindacati o alla direzione del lavoro. Diversamente i filmati non possono essere utilizzati.

La violazione della legge sulla privacy si verifica anche quando: 

  • le telecamere sul lavoro sono solo installate ma non ancora funzionanti;
  • è stato dato preavviso ai lavoratori ma non è stato ancora acquisito il consenso dei sindacati;
  • il controllo è discontinuo perché esercitato in locali dove i lavoratori possono trovarsi solo saltuariamente.

La violazione si configura anche nel caso di telecamere finte montate a scopo esclusivamente dissuasivo.

Che succede se le telecamere sono installate senza rispetto delle procedure?

Dalla violazione delle regole sull’uso delle telecamere sul posto di lavoro derivano due importanti conseguenze.

Filmati inutilizzabili

I filmati registrati dal datore di lavoro senza il rispetto delle condizioni e delle procedure appena descritte non sono prove: quindi sono inutilizzabili contro il lavoratore in un eventuale processo. Ad esempio, non hanno valore di prova i fotogrammi ottenuti con una telecamera a circuito chiuso – installata in violazione della disciplina sui controlli a distanza – che ritrae un lavoratore mentre sottrae denaro dalla cassa. 

La conseguenza è che se il datore fonda il licenziamento del dipendente infedele sulle registrazioni di una telecamera installata in modo irregolare, il licenziamento è illegittimo in quanto non supportato da prove e il dipendente ha diritto alla reintegra sul posto.

Reato per violazione della privacy

Non solo. Il datore di lavoro che installa delle telecamere senza il rispetto delle regole appena elencate commette anche reato di violazione del divieto di controlli a distanza sui lavoratori. Ciò in quanto la tutela penale è diretta a salvaguardare interessi collettivi di cui le rappresentanze sindacali sono per legge portatrici, in luogo dei lavoratori che, a causa della posizione di svantaggio nella quale versano rispetto al datore di lavoro, potrebbero rendere un consenso viziato. Tale comportamento, inoltre, integra la fattispecie della condotta antisindacale.

Secondo la Cassazione, può essere denunciato dai propri dipendenti, per violazione della privacy, l’imprenditore che nasconde una telecamera in un ufficio per spiare ciò che fa il lavoratore, anche se lo fa per evitare che questi rubi. È vero infatti che l’uso della videosorveglianza è possibile nel caso di «controlli difensivi» (e, quindi, per evitare che un dipendente possa commettere reati all’interno dell’azienda), ma solo se l’uso dell’impianto non lede la dignità del lavoratore (tale sarebbe, ad esempio, una telecamera montata nel bagno o puntata solo su un unico dipendente, allo scopo di controllarne ogni minimo spostamento 8 ore al giorno). Dall’altro lato non si può installare la telecamera-spia con l’intento difensivo se non ci sono validi sospetti del reato del dipendente. La telecamera-spia in funzione “preventiva”, ossia volta a saggiare la fedeltà del dipendente, è illegale.

Inoltre il filmato della telecamera-spia deve essere usato solo per rilevare l’eventuale reato e non per contestare altre condotte, come ad esempio una pausa sigaretta troppo lunga.  

Fonte:https://www.laleggepertutti.it/

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Richiedi un preventivo per ottemperare all’obbligo di misura del gas Radon

La Legge Regione Campania n.13 del 08/07/2019 ha imposto l’obbligo di misura del gas Radon in tutte le attività aperte al pubblico a piano terra e seminterrato / interrato. Fanno eccezione solo i locali residenziali ed i vani tecnici per impianti. La misura annuale doveva iniziare entro il 16/10/2019. I risultati vanno inviati al Comune/ARPAC entro il 16/01/2021

In caso di mancato invio si sospende l’Agibilità dei locali. Senza agibilità, oltre ad una possibile chiusura, non è possibile effettuare affitti, vendite, subentri, volture, etc. La Legge impone una misura di durata annuale, per cui in caso di non esecuzione, il locale sarà interdetto per almeno 1 anno, per le misurazioni.

RICHIEDI UN PREVENTIVO!

Radon Campania: scattato l’obbligo misure dal 16 Ottobre 2019

Radon Campania: con la Legge regionale 8 luglio 2019, n. 13 -“Norme in materia di riduzione dalle esposizioni alla radioattività naturale derivante dal gas radon in ambiente confinato chiuso” la Regione Campania introduce l’obbligo, per gli esercenti di attività strategiche e locali aperti al pubblico, di avviare le misurazioni sul livello di concentrazione di attività del gas radon.

Poiché il mancato adempimento comporta la sospensione per dettato di legge della certificazione di agibilità dei locali, abbiamo pensato di approfondire di seguito la tematica.

Radon Campania: perché una legge in merito

Il radon è un gas radioattivo immesso nell’aria ambiente e proveniente dal decadimento dell’uranio presente nelle rocce, nel suolo e nei materiali da costruzione. Il suolo è responsabile dell’80% del Radon presente nell’atmosfera, l’acqua del 19% e le altre fonti solo dell’1%. Essendo circa 8 volte più pesante dell’aria, tende ad accumularsi negli ambienti confinati, dove in alcuni casi può raggiungere concentrazioni tali da rappresentare un rischio significativo per la salute.

 

La legge risulta necessaria in quanto oggi il radon è considerato la principale causa di morte per tumore ai polmoni dopo il fumo di tabacco, e la Campania presenta concentrazioni di Radon superiori alla media italiana.

 

Tuttavia in attesa dell’approvazione del Piano Regionale ha fissato con la suddetta legge: I valori limite di esposizione al gas radon in nuove costruzioni ed edifici esistenti:

  • Nuove costruzioni e interventi di ristrutturazione e manutenzione straordinaria, eccetto i vani tecnici isolati o a servizio di impianti a rete: il livello limite di riferimento per concentrazione di attività di gas radon in ambiente chiuso, e in tutti i locali dell’immobile interessato, non può superare la media annua di 200 Becquerel per metro cubo (Bq/m3), misurato con strumentazione passiva e attiva.
  • Edifici esistenti:
    • per gli edifici strategici e destinati all’istruzione, compresi gli asili nido e le scuole materne, il livello limite di riferimento per concentrazione di attività di gas radon in ambiente chiuso, e in tutti i locali dell’immobile interessato, non può superare i 300 Bq/m3, misurato con strumentazione passiva e attiva;
    • per gli interrati, seminterrati e locali a piano terra degli edifici diversi da quelli di cui alla lettera a) e aperti al pubblico, con esclusione dei residenziali e dei vani tecnici isolati al servizio di impianti a rete, il livello limite di riferimento per concentrazione di attività di gas radon in ambiente chiuso non può superare 300 Bq/m3, misurato con strumentazione

 

Radon Campania: l’obbligo di misurazione

Gli esercenti delle attività soggette all’obbligo, devono provvedere entro e non oltre novanta giorni dalla data di entrata in vigore legge regionale (ovvero per il 16 Ottobre 2019), ad avviare le misurazioni sul livello di concentrazione di attività del gas radon.

Le misurazioni dovranno essere svolte su base annuale in due distinti semestri (primavera-estate e autunno-inverno).

Gli esiti delle misurazioni dovranno essere trasmessi entro un mese dalla conclusione del rilevamento al Comune interessato e ad ARPA Campania della ASL di riferimento.

In caso di mancata trasmissione delle misurazioni entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Comune provvede a intimare con ordinanza la trasmissione delle misurazioni svolte, concedendo un termine non superiore a trenta giorni, la cui eventuale e infruttuosa scadenza comporta la sospensione per dettato di legge della certificazione di agibilità.

I piani di risanamento per il Radon

Nel caso in cui, all’esito delle misurazioni, il livello di concentrazione dovesse risultare superiore i limiti fissati, il proprietario dell’immobile presenta al Comune interessato, entro e non oltre sessanta giorni, un piano di risanamento.

Il piano di risanamento è approvato dal Comune entro e non oltre sessanta giorni dalla sua presentazione, previa richiesta di esame e parere alla ASL competente.

Terminati i lavori previsti dal piano di risanamento, il proprietario dell’immobile effettua le nuove misurazioni di concentrazione di attività di gas radon su base annuale suddivisa in due distinti semestri (primavera-estate e autunno-inverno), trasmettendo nuovamente i risultati al Comune

Radon Campania: come avviene la misura?

Lo strumento di misura per rilevazioni di lungo periodo (generalmente un anno) è il cosiddetto dispositivo o dosimetro passivo:

  • Sono costituiti da un contenitore al cui interno è alloggiato l’elemento sensibile (rivelatore), entrambi di materiale plastico
  • Sono di piccole dimensioni e molto leggeri
  • Non necessitano di batterie o di alimentazione elettrica
  • Sono assolutamente innocui, non emettono radiazioni né sostanze di alcun tipo
  • La misura dura da alcuni mesi ad 1 anno
  • Forniscono il valore medio di concentrazione di radon nell’aria

Cosa possiamo fare per te?

I tecnici di SECUR ITALIA possono supportarti per tutti gli adempimenti di legge ai fini delle misurazioni sul livello di concentrazione di attività del gas radon.

Il nostro servizio annuale si compone di

  1. Sopralluogo ed elaborazione di un Piano di Campionamento conforme alla Norma UNI ISO 11665-4:2015
  2. 1° semestre: fornitura in comodato d’uso e posizionamento dei dosimetri da parte del tecnico abilitato. Ritiro dei dosimetri al termine del periodo di rilevazione.
  3. 2° semestre: fornitura in comodato d’uso e posizionamento dei dosimetri da parte del tecnico abilitato. Ritiro dei dosimetri al termine del periodo di rilevazione.
  4. Invio dei dosimetri presso il laboratorio di radioprotezione con sistema qualità UNI CEI EN ISO/IEC 17025 ed emissione rapporto di prova.
  5. Elaborazione di Report conclusivo ed inoltro della documentazione al Comune e all’ARPAC.

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7 consigli pratici per l’uso del cellulare- Campi elettromagnetici

Già i numeri del telefonino basterebbero per allarmarsi un po’. Lo guardiamo 150 volte al giorno. Due terzi degli inglesi lo usano sulla tazza da bagno, il 41 per cento dei giapponesi lo porta nella vasca, l’11 per cento degli under 25 americani interrompe un rapporto sessuale se riceve una chiamata. Nel 2009, gli italiani hanno parlato per ben 113,8 minuti sul mobile, contro i 103,8  miliardi di minuti sul fisso, mentre le schede Sim nel mondo sono 5,2 miliardi. Non solo: già nel 2004 uno studio dell’Università di Trieste mostrava che il 56 per cento dei bambini di scuola elementare possedeva un cellulare e che solo il 32 per cento lo spegneva per andare a dormire. Un comportamento ad alto rischio, perchè il cervello dei bambini viene ancor più danneggiato dalle radiazioni dei telefonini di quello degli adulti.

 

In libro del giornalista Riccardo Staglianò, Toglietevelo dalla testa!Cellulari, tumori e tutto quello che le compagnie telefoniche ci tengono nascosto (Chiare Lettere),  fuga ogni incertezza. «È stato difficile anche per me», confida, «accettare che uno strumento attraverso cui passano comunicazioni ed emozioni possa essere pericoloso. Ma la buona notizia è che basta poco per evitare i rischi: usare l’auricolare con fili, ridurre le chiamate e aumentare gli sms, proteggere i bambini».

 

La domanda è: il nostro compagno più inseparabile (il cellulare) ci sta forse tradendo? Prove ce ne sono, e parecchie tanto che nel 2011 l’Agenzìa internazionale per la ricerca sul cancro ha inserito il telefonino tra i possibili cancerogeni. I manuali di istruzione dicono di tenerli da 1,5 a 2,5 centimetri dall’orecchio (perché? E soprattutto: chi lo fa davvero?). Allora ecco un utile prontuario, consistente in sette  consigli pratici, che qui di seguito vi riporto:

 

1) Non fare usare i telefoni cellulari ai bambini, se non in caso di emergenza. Tollerati gli SMS, ma è meglio ridurre anche quelli. I bambini devono ancora svilupparsi completamente dal punto di vista cerebrale. Pertanto le radiazioni emesse dai cellulari potrebbero fare danni molto più gravi che in un adulto.;

 

2) Utilizzare sempre gli auricolari con cavo (non quelli wireless). Anche l’uso del vivavoce è consigliabile;

 

3) In caso di presenza di poca rete o di mancanza di campo, non effettuare chiamate. In questi casi sarà necessaria più potenza radiante, con conseguenti maggiori radiazioni;

 

4) Usare il cellulare meno possibile in movimento, come ad esempio in treno e in automobile. Il rischio costante di diminuzione del segnale aumenta in questi casi l’emissione di radiazioni;

 

5) Non tenete il cellulare vicino in fase di chiamata, quando le radiazioni sono più forti. Durante una chiamata le radiazioni emesse sono più forti. Per questa ragione evitate di accostare il cellulare all’orecchio in questa fase. Aspettate la risposta del destinatario prima di avvicinarvi. In ogni caso limitate l’uso senza auricolari;

 

6) Non tenete il cellulare in tasca dei pantaloni, nel taschino della camicia o nella giacca che indossate. Le radiazioni emesse non sono pericolose solo per il cervello. Anche il cuore e gli altri organi rischiano danni dalla prolungata esposizione. Dunque cercate di non tenere i cellulari nei taschini interni delle giacche o nelle tasche frontali dei jeans;

 

7) Non addormentatevi mai con il cellulare vicino alla testa, ad esempio usandolo come sveglia. Dormire coi cellulari accanto è davvero molto pericoloso per il cervello;

Fonte:https://www.dionidream.com/

L’importanza di una consulenza professionale – Secur Italia sicurezza sul lavoro

Consulenza sicurezza sul lavoro

Ogni azienda ha l’obbligo di occuparsi della sicurezza dei propri dipendenti e degli ambienti di lavoro;

Di occuparsi di prevenzione e tutela, di valutare dei rischi, di allestire un organigramma interno  indispensabile alla prevenzione, di formare i lavoratori, di rispettare i criteri di produzione e conservazione della documentazione richiesta, rispettare le date.

Il primo riferimento nella normativa è notoriamente il Testo unico sicurezza sul lavoro D.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 con tutti gli aggiornamenti che dal 2008 si sono susseguiti, le modifiche, i decreti previsti e di sua emanazione, gli interpelli per chiarirne ancora alcuni aspetti, gli Accordi Stato Regione.

Secur Italia offre attraverso il proprio staff, la propria squadra di  professionisti da quasi 20 anni impegnati nell’assistenza alle aziende, una consulenza specializzata per permettere ai clienti di aver chiaro ogni adempimento, conoscere gli aspetti che lo interessano ed essere completamente in regola.

Una consulenza diretta e specifica , che analizzerà le particolari esigenze dell’impresa e fornirà un elenco di passaggi da seguire in merito ad esempio a:

  • corsi di formazione;
  • valutazione dei rischi e documenti(DVR);
  • Addetti antincendio e Primo soccorso;
  • Medicina del lavoro e Medico competente;
  • Rspp.

Può richiedere una consulenza tramite il modulo di contatto allegato oppure tramite mail all’indirizzo info@securitalia.net.

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Come funziona il servizio?

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MANUTENZIONE DELLE ATTREZZATURE: GLI OBBLIGHI DI LEGGE – Secur Italia – Sicurezza sul Lavoro

*Per attrezzatura di lavoro si intende: qualsiasi macchina, apparecchio, utensile o impianto destinato ad essere utilizzato durante il lavoro.

 

L’OBBLIGO DI UNA CORRETTA GESTIONE DELLE ATTREZZATURE DI LAVORO E’ PREVISTO DAL TITOLO III DEL DECRETO LEGISLATIVO 81/2008, Art. 71.

GLI OBBLIGHI SPECIFICI DEL DATORE DI LAVORO SONO:

  • Mettere a disposizione dei lavoratori attrezzature conformi ai requisiti di sicurezza; 
  • Provvedere affinché tali attrezzature siano oggetto di manutenzione idonea a garantire nel tempo la che l’attrezzatura funzioni nelle condizioni stabilite dal costruttore, garantendo così la sicurezza degli operatori, la prevenzione dei guasti ed il prolungamento della vita tecnica delle attrezzature stesse,
  • Provvedere a far effettuare le verifiche periodiche.

 

Gli interventi di manutenzione si dividono in:

  • MANUTENZIONE ORDINARIA: consiste nell’esecuzione delle procedure specificate nel libretto d’uso e manutenzione dell’attrezzatura/apparecchiatura, che possono essere eseguite anche dall’operatore assicurando così il corretto uso dell’attrezzatura;
  • MANUTENZIONE STRAORDINARIA: consiste nell’ esecuzione di interventi da effettuarsi in occasione di inconvenienti non prevedibili (es. anomalie, guasti, rotture), che normalmente devono essere realizzati da tecnici specializzati.

COSA SI INTENDE PER VERIFICA PERIODICA?

Le verifiche periodiche sono quelle che, secondo periodicità dettata dalla normativa in vigore e stabilita dal legislatore, sono realizzate da Organismi competenti, ASL, ARPA.

IL DATORE DI LAVORO, COSA DEVE FARE?

  • DEFINIRE UN CALENDARIO PER EFFETTUARE LA MANUTENZIONE ORDINARIA E LE VERIFICHE PERIODICHE
  • PREDISPORRE UN REGISTRO DELLE MANUTENZIONI PROGRAMMATE
  • RILEVARE E REGISTRARE IL TIPO E LA FREQUENZA DEGLI INTERVENTI (CONTROLLO PREVENTIVO DEGLI EVENTI)
  • REDIGERE LE SCHEDE DI MANUTENZIONE
  • REDIGERE L’ARCHIVIO DELLE ATTREZZATURE
  • REDIGERE LO SCADENZARIO ADEMPIMENTI INDICANDO LE SINGOLE SCADENZE DELLE MANUTENZIONI ED ATTRIBUENDO LE STESSE AGLI OPERATORI INTERNI E, QUANDO PREVISTO DALLA NORMATIVA IN VIGORE, AD AZIENDE SPECIALIZZATE ESTERNE.

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Rischio chimico all’interno degli ambienti di lavoro – Secur Italia – Sicurezza sul lavoro

Rischio chimico

 

Il rischio chimico all’interno degli ambienti di lavoro è molto più diffuso di quanto si possa pensare ad una prima valutazione; a differenza di quanto si creda, infatti, non ne sono interessate esclusivamente le industrie chimiche o le raffinerie, o i laboratori di ricerca e sintesi, bensì una più vasta casistica di attività lavorative.

Dai prodotti per le pulizie e la disinfezione, a quelli per la stampa o per la conservazione degli alimenti. Una così elevata presenza di sostanze chimiche, anche potenzialmente pericolose, comporta una diffusione del rischio chimico nei luoghi di lavoro ed un corrispondente rilevante numero di lavoratori esposti, a volte, in modo del tutto inconsapevole.

A motivo di questa diffusione si è reso da tempo necessario un sistema univoco di classificazione degli agenti chimici, che prevede una prima macro-distinzione in due classi:

  1. gli agenti con proprietà pericolose di tipo chimico-fisico, a loro volta declinati in agenti infiammabili, esplosivi, comburenti e corrosivi;
  2. gli agenti con proprietà tossicologiche, ulteriormente distinti a loro volta in sostanze nocive, sensibilizzanti, irritanti, tossiche, teratogene e cancerogene.

Se generalmente l’esposizione accidentale e non adeguatamente controllata agli agenti della prima classe genera un infortunio, l’esposizione ad agenti della seconda classe genera una malattia professionale.
Un primo strumento per l’immediata valutazione della pericolosità eventuale di un prodotto chimico è costituito

Valutazione del rischio chimico

A prescindere dalla linea guida utilizzata per la valutazione del Rischio chimico, l’esito della valutazione dovrà risultare o “basso per la sicurezza e irrilevante per la salute”, o “non basso per la sicurezza e non irrilevante per la salute”, ed in questo secondo caso il datore di lavoro dovrà necessariamente adottare tutte le misure preventive e le disposizioni come definito negli artt 225 e 226 del Testo Unico.
Il processo di valutazione del Rischio da esposizione ad agenti chimici si articola, su tre fasi fondamentali:

  1. Valutazione del pericolo. Alla base vi è un’attenta e scrupolosa analisi della Scheda di Sicurezza del prodotto, in cui sono elencate e descritte tutte le proprietà intrinseche di pericolo della sostanza oggetto della valutazione.
  2. Valutazione dell’esposizione. Deve tenere conto delle modalità attraverso la quale i lavoratori esposti possono entrare in contatto con la sostanza, della frequenza di utilizzo, della quantità massima e di valutazioni ambientali e rilevazioni biologiche volte a caratterizzare la presenza della sostanza nell’ambiente di lavoro e/o l’assorbimento nell’organismo.
  3. Caratterizzazione del rischio. Sulla base dei risultati risultati emersi dalle due fasi precedenti il Datore di Lavoro elabora una serie di misure preventive, protettive e di sorveglianza sanitaria, rivolte a eliminare o ridurre, la possibilità di esposizione alla sostanza nell’ambito dello scenario lavorativo analizzato, e in parallelo a monitorarne la presenza e la diffusione.
  • effettuare una valutazione sul rischio espositivo ad esse, tenendo conto delle:
  1. caratteristiche chimico/fisiche;
  2. temperatura e la modalità di utilizzo della sostanza;
  3. quantità;
  4. concentrazione;
  5. durata dell’operazione e la frequenza;
  6. modalità di assorbimento;
  7. capacità delle sostanze di entrare nell’organismo.

 

  • Utilizzare specifici dispositivi per la protezione del singolo lavoratore (DPI), cioè un’attrezzatura che il soggetto indosserà per proteggere una determinata parte del corpo da determinati rischi specifici.
  • Le aziende i cui dipendenti possono essere sottoposti a tali rischi hanno l’obbligo di esporre una simbologia, nata e riconosciuta a livello internazionale per la salvaguardia del lavoratore e dell’ambiente: tramite un pittogramma nero su sfondo arancio, un simbolo letterale e la dicitura per esteso della categoria viene indicata la pericolosità e la tipologia di rischio. Dal 2008, il Regolamento CE n. 1272/2008 che va a sostituire quello n.1907/2016 vecchi pittogrammi neri su sfondo arancione sono stati sostituiti con quelli a forma di diamante a base bianca con cornice rossa.
  • La manipolazione di sostanze chimiche  deve avvenire sotto cappa chimiche ad espulsione totale o a ricircolo: quindi bisogna impedire la fuoriuscita di qualsiasi sostanza proteggendo l’operatore attraverso un flusso d’aria ascendente che va a creare pressione negativa all’interno della zona di lavoro.

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La formazione alla sicurezza deve avvenire durante l’orario di lavoro?

Partendo dal presupposto fondamentale per il quale i lavoratori sono obbligati a partecipare alla formazione sulla sicurezza impostata dal datore di lavoro e che quest’ultimo è obbligato a formare e addestrare a sufficienza i propri dipendenti, spesso  sorge una domanda: quando devono avvenire i corsi sulla sicurezza? Devono essere effettuati durante l’orario di lavoro?

La normativa risponde in modo chiaro:

I corsi devono avvenire durante l’orario lavorativo, e in ogni caso non possono comportare ulteriori oneri per i lavoratori. Questo, del resto, ribadisce nuovamente il fatto per cui il personale dipendente non può in alcun modo rifiutarsi di partecipare ai suddetti corsi.

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Importanza della sicurezza sul lavoro – Secur Italia

Un buono stato di salute e una attenzione al dettaglio della sicurezza sul lavoro dei dipendenti, sono principi fondamentali per quelle aziende che desiderano crescere e migliorarsi, sia dal punto di vista economico che qualitativo.

 

La tutela della salute dei dipendenti evita che la produttività risenta della mancanza di personale nei periodi di produzione dei beni o servizi.  Le imprese che garantiscono la sicurezza sul lavoro attraverso corsi periodici di formazione e informazione del personale, stanno tutelando la salute dell’azienda stessa. Questo preserva l’azienda anche dal punto di vista qualitativo dei servizi o prodotti offerti. Un dipendente in salute produce beni qualitativamente superiori per la propria azienda, prevenendo così il rischio di perdere clienti.

 

Perché la sicurezza sul lavoro è un obbligo anche per i lavoratori?

Così come le imprese sono tenute, a formare e tutelare i propri dipendenti, i lavoratori sono tenuti a formarsi e informarsi sui sistemi e presidi di salute e sicurezza messi a disposizione dall’azienda. Utilizzare i presidi in maniera corretta è un obbligo per il lavoratore, per tutelare se stesso oltre che l’azienda e i suoi colleghi di lavoro.

 

Perché i lavoratori devono formarsi e informarsi sulla sicurezza sul lavoro?

La formazione in tema di sicurezza sul lavoro fornisce ai lavoratori gli strumenti per un apprendimento partecipato ai rischi legati alla sua attività lavorativa e all’ambiente di lavoro. Formandosi correttamente il lavoratore può contribuire a individuare e valutare con maggiore attenzione i rischi legati alle proprie mansioni e all’ambiente lavorativo, permettendo all’azienda di migliorare la valutazione e la prevenzione dei rischi.

 

1. “La formazione di per sè non deve mai essere intesa come un costo, ma come un investimento”. Frase fatta è vero, ma quando parliamo di sicurezza il discorso cambia, perché si parla di un investimento sulla vita. La scarsa o totale assenza di informazione causa gravi conseguenze, mentre poche ore di formazione possono fare la differenza riducendo il rischio di incidenti ed infortuni ai lavoratori e grossi problemi con la legge alle aziende. Non parliamo solo di interruzioni dell’attività produttiva e danni economici, ma addirittura di sanzioni penali.

 

2. E’ un dovere per l’azienda e per i lavoratori, non deve essere visto come un obbligo. Un’azienda che opera in sicurezza evita  danni materiali che possono metterla a rischio ma soprattutto ha l’opportunità di costruire un’immagine positiva ed affidabile. Attualmente è un argomento molto discusso su cui le aziende tendono  per distinguersi sul mercato.

 

3. Le sanzioni sono varie e possono essere anche molto rigide, si parla infatti di violazione del codice penale. Inoltre la normativa diventa sempre più articolata e puntigliosa. Funziona così, non avere un Modello Organizzativo adeguato alla normativa non è un reato, è come non avere una polizza assicurativa, in caso di incidente però non hai diritto al rimborso, ovvero non hai la possibilità di discolparti.

 

4. Essere in regola per un lavoratore vuol dire lavorare con maggiore sicurezza e consapevolezza, mentre per le aziende è un valore aggiunto che porta una serie di vantaggi tra cui, per esempio, guadagnarsi una valutazione positiva  con le banche, ovvero ottenere condizioni di credito migliori perché la vostra azienda risulterà più affidabile e i vostri dipendenti più sereni e produttivi.

 

5. Un paese che non lavora in sicurezza non è un paese civile. Vivere in un Paese che non protegge un lavoratore dalla possibilità di infortunarsi o che, nella peggiore delle ipotesi, rischia di morire e quindi di  non ritornare a casa è un paese che non rispetta i lavoratori e la vita!
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